Nel secondo post della serie “Perchè votare alle elezioni europee?” abbiamo visto che lo Stato ha un ruolo molto importante nel creare delle condizioni favorevoli alla lotta al cambiamento climatico.
L’Unione Europea – e ciascuno dei suoi Stati membri – avrebbe sicuramente potuto e dovuto agire prima e con più forza per creare le condizioni per una riduzione più veloce e più consistente delle emissioni di gas serra. Qualcosa, però, è stato fatto: a ridosso delle elezioni europee, penso sia molto interessante dare un’occhiata ai passi già compiuti, dal momento che riguardano tutti noi e che il progresso non si deve mai dare per scontato!
Per evitare che vi vengano i crampi alla faccia per un eccesso di sbadigli cercherò di essere sintetica e schematica… se necessario armatevi di un bel caffè, potrebbe giovare! 🙂
Anni 1990-2000: i primi passi sono abbastanza incerti
Negli anni Novanta L’Unione Europea, che si chiama ancora Comunità Europea e conta 12 e poi 15 Stati membri, introduce alcune misure a sostegno delle energie rinnovabili e partecipa alla discussione per la stesura del Protocollo di Kyoto, firmato nel 1997.
In questi anni le energie rinnovabili sono ancora molto costose e i prezzi del petrolio e degli altri combustibili fossili sono ancora relativamente bassi. Nonostante i pericoli del cambiamento climatico siano già molto chiari, le azioni pratiche per contrastarlo sono ancora poco incisive.
Anni 2000-2010: le cose iniziano finalmente a cambiare
Nel 2002 la Comunità Europea, che conta ancora soltanto 15 Stati membri, ratifica finalmente il Protocollo di Kyoto, che entra ufficialmente in vigore all’inizio del 2005. Con la ratifica del Protocollo di Kyoto la Comunità Europea si impegna a diminuire entro il 2012 le proprie emissioni complessive di gas serra dell’8% rispetto al totale delle emissioni nel 1990.
Questo passo è una sorta di calcio d’inizio. Di lì a poco, spinti anche dai primi rialzi dei prezzi dei combustibili fossili:
- Gli Stati membri (i 15 originari e quasi tutti i 12 Stati che si sono uniti nel 2004 e nel 2007) assumono degli impegni nazionali vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra,
- Le istituzioni comunitarie introducono una serie di strumenti per muoversi concretamente verso la riduzione delle emissioni: un sistema per mettere un limite alle emissioni di gas serra da parte dei grandi emettitori (centrali elettriche, raffinerie, industrie metallurgiche, cementifici, … ), delle direttive per promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili, delle direttive per promuovere l’efficienza energetica, e una serie di altre direttive e regolamenti per adattare il funzionamento dei mercati dell’elettricità e del gas alla trasformazione che ci si attende per il sistema energetico europeo,
- Tra 2007 e 2010 le istituzioni comunitarie approvano il “Pacchetto Clima ed Energia“, un insieme di leggi europee che stabiliscono l’obiettivo di ridurre le emissioni complessive di gas serra dell’Unione Europea (ora finalmente ci sono tutti i 28 Stati membri!) del 20% entro il 2020. Nello stesso Pacchetto si stabilisce l’obiettivo di portare l’uso delle fonti rinnovabili al 20% dei consumi totali di energia e di migliorare del 20% l’efficienza energetica. Queste misure sono coerenti con gli impegni richiesti dal Protocollo di Kyoto fino all’anno 2020.
Finalmente delle azioni concrete! Finalmente un sostegno efficace alle nuove fonti rinnovabili, che in molti Stati membri cominciano a crescere davvero! Certo, c’è ancora molta strada da fare e non tutti gli Stati si impegnano davvero, ma si comincia a intravedere una possibile svolta verso un sistema energetico pulito.
Anni 2010-2020: si raccolgono i primi frutti e si continua a guardare avanti
Nel 2012 l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra fissato per l’Unione europea nell’ambito del Protocollo di Kyoto viene raggiunto e addirittura superato, complice anche una riduzione dell’attività delle imprese a causa della crisi economica iniziata tra 2007 e 2008.
Alla fine del 2016 l’Unione Europea è sulla buona strada per raggiungere anche l’obiettivo di riduzione del 20% delle emissioni fissato per il 2020, anche se alcuni Stati membri continuano a ritardare il cambiamento e altri, anche tra quelli più virtuosi, cominciano a mostrare qualche segno di cedimento. Per una volta non è l’Italia a essere in ritardo: tra 2005 e 2016 le emissioni di gas serra nel nostro paese sono diminuite di più del 20%… ma resta comunque molto da fare e non si può assolutamente abbassare la guardia! [1]
A livello globale, purtroppo, le emissioni di gas serra continuano invece ad aumentare.
Nel 2015 i leader europei e i rappresentanti di tutti i paesi del mondo si riuniscono a Parigi per cercare di concordare una linea d’azione dopo il Protocollo di Kyoto, che esaurirà i suoi effetti nel 2020. Il risultato è l’Accordo di Parigi, che riconosce la necessità di agire per evitare un aumento della temperatura media del pianeta sopra i +2° C rispetto all’epoca pre-industriale… ma non prevede, di fatto, un vero e proprio obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni per i singoli stati.
L’Unione Europea ratifica l’Accordo di Parigi nel 2016 e già nel 2018 presenta il suo piano d’azione: questo prevede una riduzione delle emissioni complessive degli Stati membri dell’Unione del 40% entro il 2030. [2]

Per raggiungere l’obiettivo di un -40% entro il 2030 sono necessari cambiamenti importanti nei mercati dell’energia: investimenti di centinaia di milioni di euro per trasformare le reti locali e internazionali e i sistemi di generazione, regole comuni per garantire un funzionamento efficiente dei mercati e delle reti internazionali, meccanismi condivisi per garantire la sicurezza delle forniture e la protezione dei consumatori più deboli, e infine, guardando anche al di fuori del settore energetico, anche una rivoluzione del settore dei trasporti, che deve ridurre l’uso di combustibili fossili.
Tra il 2016 e il 2019 le istituzioni europee cominciano allora a mettere in piedi una strategia europea che disegni il futuro dell’intero sistema energetico europeo nel medio periodo. A fine 2016 la Commissione Europea pubblica il pacchetto “Energia pulita per tutti“, una serie di proposte di nuove leggi comunitarie per rendere più sostenibile ed efficiente il mercato dell’energia e consentire così il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030.
Alcune delle proposte del pacchetto “Energia pulita per tutti” sono già diventate legge, altre invece sono ancora in discussione in queste settimane: si spera di poterle approvare prima delle elezioni del nuovo Parlamento Europeo, in modo da essere sicuri che il cammino tracciato verso una maggiore sostenibilità nel prossimo decennio non rischi di essere subito interrotto.
E adesso, cosa rimane da fare?
Si potrebbe essere tentati di pensare che siamo già a buon punto, visti gli obiettivi ambiziosi stabiliti per il 2030. Purtroppo non è così: l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030 è per ora soltanto sulla carta, e abbiamo ancora, più che mai, bisogno di istituzioni comunitarie e nazionali capaci, che mantengano gli impegni presi e continuino ad agire nel lungo periodo. Anche i piani già approvati a Bruxelles possono essere cambiati o disattesi. Soprattutto, senza l’azione dei singoli Stati membri e la collaborazione dei privati le istituzioni europee possono fare poco, per cui è importantissimo che tutti, anche a livello nazionale, continuino a rispettare gli impegni presi.
Alla fine del 2018 l’IPCC, il gruppo di lavoro ONU sul cambiamento climatico, ha pubblicato un rapporto che sottolinea come, se vogliamo rimanere al di sotto dei +2° C rispetto all’epoca pre-industriale, dobbiamo azzerare completamente le emissioni globali di gas serra entro il 2050. [4]
Questo obiettivo sembra impossibile, ma in realtà è già stato recepito nella strategia di lungo periodo per l’Unione Europea proposta alla fine del 2018 dalla Commissione Europea. Questa strategia è ancora più ambiziosa rispetto ai piani di lungo periodo diffusi negli anni passati: prevede infatti un’Unione Europea a impatto climatico zero entro il 2050.
Per azzerare le emissioni entro il 2050 bisogna continuare a investire nella ricerca scientifica, nell’innovazione tecnologica, nella diffusione di tecnologie pulite e di comportamenti individuali più sostenibili. Bisogna che i governi nazionali adottino misure concrete per mettere in atto i piani concordati, e bisogna che le istituzioni comunitarie li supportino e controllino che ciascuno faccia il suo dovere.
Saranno anche i leader politici nazionali ed europei che eleggeremo a fine maggio a decidere se sarà così o se, invece, sceglieremo di pagare le conseguenze di un clima fuori controllo.
[1] Fonte: database dell’EEA, l’Agenzia Europea per l’Ambiente.
[2] Il documento di riferimento è il Regolamento (UE) 2018/842.
[3] Elaborazioni su dati Eurostat, Decisione n. 406/2009/CE, Regolamento (UE) 2018/842.
[4] Questa informazione si trova a pagina 15 dell’Executive Summary del Rapporto IPCC, che potete scaricare qui.
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